Stress professionale risarcito anche al depresso cronico

l'indennità assicurativa non può essere negata

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    Se viene provata la «durezza» dei carichi lavorativi attinenti le sue mansioni l'indennità assicurativa non può essere negata
    Stress professionale risarcito anche al depresso cronico


    ROMA – Il fatto che un lavoratore sia già duramente provato dallo stress, per motivi personali attinenti alla sua vita privata, è una circostanza che – di per sé – non esclude che anche ragioni professionali possano aver provocato, come «concausa», l'insorgere della depressione. Pertanto al dipendente che ha alle spalle una «vita difficile», non può essere negata l'indennità assicurativa dell'Inail – per invalidità e inabilità – qualora sia provata la «durezza» dei carichi lavorativi attinenti le sue mansioni. Lo sottolinea la Cassazione, accogliendo il ricorso di una impiegata di «alto livello», dipendente di una casa editrice milanese, contro la sentenza con la quale i giudici di primo e secondo grado le avevano negato il diritto all'accertamento dello stress da lavoro in quanto la donna aveva una esistenza costellata da situazioni familiari molto critiche. In particolare – con la sentenza 19434 depositata ieri – gli «ermellini» hanno dato ragione a Lucia R. contro la decisione della Corte d'Appello di Milano che, nell'agosto 2003, aveva rigettato la sua richiesta di essere sottoposta a consulenza medico legale per accertare lo stress professionale. Ad avviso dei giudici di merito l'impiegata «si era trovata, nel corso della vita, ad affrontare situazioni difficili o traumatiche, alcune non collegate all'attività lavorativa, fino ad arrivare a un'eccessiva drammatizzazione di quello che era un normale rapporto di lavoro con i suoi carichi e le sue responsabilità». In poche parole, il vissuto «pesante» di Lucia era già causa sufficiente ad aver originato la depressione e rendeva – quindi – inutile l'indagine sui possibili effetti negativi, sulla psiche dell'impiegata, dell'attività lavorativa. Questa motivazione non è stata condivisa dalla Cassazione. Per i supremi giudici – infatti – non si può a priori negare «la possibile operatività del principio di equivalenza causale, che non esclude la sussistenza della professionalità della malattia anche in presenza di una intrinseca debolezza o predisposizione del soggetto».

    (martedì 12 settembre 2006)

    http://www.gazzettadelsud.it/index.asp?Pag...&ART=022&PAG=06
     
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