Coeslazio
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Sull'obbligo di diligenza del lavoratore e sull'osservanza della sua menzione nel codice disciplinare
(Nota a Cass. sez. lav. 8 giugno 2001, n. 7819. ) in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2002, fasc. 1, pagg. 149-152
Con la sentenza in epigrafe la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul problema della pubblicità del codice disciplinare, con riferimento all'ipotesi del licenziamento quale sanzione, ribadendo il proprio consolidato orientamento secondo cui[b] le regole di organizzazione aziendale equivalgono, quanto all'onere del lavoratore di conoscerle, alle norme di comune prudenza ed a quelle del codice penale, e quindi, ai fini della legittimità di un licenziamento disciplinare, non è necessario indicarle nel codice disciplinare.[/b] L'A. svolge alcune osservazioni preliminari sull'onere di affissione del codice disciplinare, genericamente previsto dall'art. 7 l. 20 maggio 1970, n.300, partendo dalla fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 1982, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo, secondo e terzo comma del suddetto art. 7. L'A. ricorda che, a chiarire i dubbi interpretativi emersi in seguito alla citata sentenza della Corte Costituzionale, intervenuta la Cassazione a Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 1 giugno 1987, n. 4823) che, recepita la c.d. concezione "ontologica" del licenziamento disciplinare, in base alla quale il licenziamento motivato da una condotta colposa o manchevole del lavoratore, indipendentemente dalla sua inclusione o meno fra le misure disciplinari, deve essere considerato di natura disciplinare, ha statuito la soggezione alle regole procedurali di cui al secondo e terzo comma dell'art. 7. l'A. continua con delle osservazioni sulla decisione appena ricordata, facendo riferimento alla consolidata giurisprudenza e dottrina espressasi sull'argomento.
Normativa:
Cass. sez. lav. 8 giugno 2001, n. 7819 art. 2104 c.c. art. 2105 c.c. l. 20 maggio 1970, n. 300
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