MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di lavorat

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Like  
     
    .
    Avatar

    Coeslazio

    Group
    Administrator
    Posts
    5,320
    Reputation
    +13
    Location
    ROMA

    Status
    Offline
    MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI


    INTRODUZIONE


    Per Movimentazione manuale dei carichi (MVC) si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, tirare, portare o spostare un carico.



    EFFETTI SULLA SALUTE


    Lo sforzo muscolare richiesto dalla MVC determina aumento del ritmo cardiaco e di quello respiratorio ed incide negativamente nel tempo sulle articolazioni, in particolare sulla colonna vertebrale, determinando cervicalgie, lombalgie e discopatie.

    In relazione allo stato di salute del lavoratore ed in relazione ad alcuni casi specifici correlati alle caratteristiche del carico e dell'organizzazione di lavoro, i lavoratori potranno essere soggetti a sorveglianza sanitaria, secondo la valutazione dei rischi.



    I PRINCIPI DELLA PREVENZIONE


    Partendo dal presupposto che occorre evitare la movimentazione manuale dei carichi adottando a livello aziendale misure organizzative e mezzi appropriati, quali le attrezzature meccaniche, occorre tener presente che in alcuni casi non è possibile fare a meno della MVC.

    In quest'ultima situazione, oltre ad alcuni accorgimenti che il datore di lavoro adotterà dal punto di vista organizzativo (es. suddivisione del carico, riduzione della frequenza di sollevamento e movimentazione, miglioramento delle caratteristiche ergonomiche del posto di lavoro), è opportuno che il lavoratore sia a conoscenza che la MVC può costituire un rischio per la colonna vertebrale in relazione a:



    1. Caratteristiche del carico:

    è troppo pesante
    30 Kg per gli uomini adulti
    20 Kg per le donne adulte
    le donne in gravidanza non possono essere adibite al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri durante la gestazione fino a sette mesi dopo il parto (legge 1204/71);
    è ingombrante o difficile da afferrare;

    non permette la visuale;


    è di difficile presa o poco maneggevole;


    è con spigoli acuti o taglienti;


    è troppo caldo o troppo freddo;


    contiene sostanze o materiali pericolosi;


    è di peso sconosciuto o frequentemente variabile;


    l'involucro è inadeguato al contenuto;


    è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi;


    è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco;


    può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto.



    2. Sforzo fisico richiesto:


    è eccessivo


    può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco


    è compiuto con il corpo in posizione instabile


    può comportare un movimento brusco del corpo



    3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro:


    lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta


    il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate del lavoratore


    il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale dei carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione


    il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi


    il pavimento o il punto di appoggio sono instabili


    la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate.



    4. Esigenze connesse all'attività:


    sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati


    periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente


    distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto


    un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore.

    Inoltre il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi:


    inidoneità fisica a svolgere il compito in questione


    indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore


    insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione



    Secondo la postura, per un carico di 50 Kg. la forza che viene esercitata a livello delle vertebre lombari è di 750 Kg. o 150 Kg.



    NORMATIVA



    D.lgs 19 settembre 1994, n.626, artt.47, 48, 49 e all.VI: "Attuazione di direttive CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro"

    artt. 47 e 49 - Movimento manuale dei carichi

    all. VI - Elementi di riferimento e fattori di rischio

    L. 19 ottobre 1970, n° 864 "Ratifica convenzione OIL n° 127 sul peso massimo trasportabile da un solo uomo"


    http://www.ispesl.it/informazione/mvc.htm



    COORDINAMENTO TECNICO PER LA PREVENZIONE DEGLI

    ASSESSORATI ALLA SANITÀ DELLE REGIONI E PROVINCE

    AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO









    Decreto Legislativo n. 626/94



    D O C U M E N T O N. 14

    LINEE GUIDA SU TITOLO V









    La movimentazione manuale

    dei carichi







    Versione definitiva approvata il 16/07/96

    dalle Regioni e Province autonome

    di Trento e Bolzano e dagli Istituti centrali.

    Aggiornata al 15 Aprile 1998

    _____________________________________

    Regione referente: Lombardia



    1. INTRODUZIONE



    Le affezioni cronico-degenerative della colonna vertebrale sono di assai frequente riscontro presso collettività lavorative dell’agricoltura, dell'industria e del terziario. Esse, sotto il profilo della molteplicità delle sofferenze e dei costi economici e sociali indotti (assenze per malattia, cure, cambiamenti di lavoro, invalidità) rappresentano uno dei principali problemi sanitari nel mondo del lavoro.

    Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH - USA) pone tali patologie al secondo posto nella lista dei dieci problemi di salute più rilevanti nei luoghi di lavoro.

    Negli Stati Uniti il low-back pain determina una media di 28,6 giorni di assenza per malattia ogni 100 lavoratori; le patologie del rachide sono la principale causa di limitazione lavorativa nelle persone con meno di 45 anni e gli indennizzi per patologie professionali della colonna assorbono il 33% dei costi totali di indennizzo. È stato stimato che, per tali affezioni, i settori produttivi dell'industria statunitense spendono ogni anno una somma di circa 20.000 miliardi di lire italiane per trattamenti e compensi assicurativi.

    Nei Paesi Scandinavi la media di giorni di assenza per low-back pain è di 36 per 100 lavoratori ed il 25% delle pensioni per invalidità lavorativa sono dovute a spondiloartropatie croniche lombari.

    In Gran Bretagna si registra una media di 32,6 giorni di malattia per low-back pain ogni 100 lavoratori: fra questi il 4% cambia ogni anno lavoro per patologie della colonna vertebrale.

    In Italia, le sindromi artrosiche sono, secondo ripetute indagini ISTAT sullo stato di salute della popolazione, le affezioni croniche di gran lunga più diffuse.

    D’altro lato, le affezioni acute dell’apparato locomotore sono al secondo posto (dopo le affezioni delle vie respiratorie comprendenti anche le sindromi influenzali) nella prevalenza puntuale di patologie acute accusate dagli italiani.

    Ancora in Italia, le sindromi artrosiche sono al secondo posto tra le cause di invalidità civile. Secondo stime provenienti dagli Istituti di Medicina del Lavoro, le patologie croniche del rachide sono la prima ragione nelle richieste di parziale non idoneità al lavoro specifico. Tra gli infortuni sul lavoro, la lesione da sforzo, che nel 60-70% dei casi è rappresentata da una lombalgia acuta, non fa registrare alcun trend negativo nonostante vi siano ampi fenomeni di sottostima per via di omesse registrazioni.

    Gran parte delle affezioni qui citate, trovano in specifiche condizioni lavorative un preciso ruolo causale o concausale. In particolare in letteratura è ormai consolidato il rapporto esistente tra attività di movimentazione manuale di carichi ed incremento del rischio di contrarre affezioni acute e croniche dell'apparato locomotore ed in particolare del rachide lombare.

    Questa constatazione ha spinto alcuni paesi occidentali ad emanare specifiche normative e standard rivolti a limitare l’impiego della forza manuale nello svolgimento delle attività lavorative; sono di rilievo in tal senso la guida dello statunitense NIOSH (1981) per il sollevamento dei carichi e la legislazione svedese (1984) sull'argomento.

    L'esperienza italiana dei servizi di medicina del lavoro sulla materia si è sviluppata a partire dalla metà degli anni '80 ed è stata in grado di dimostrare l’esistenza di specifici rischi lavorativi in diversi contesti in cui vi è un largo ricorso alla forza manuale: addetti all'edilizia, operatori mortuari, addetti all'industria ceramica, cavatori, operatori ospedalieri, addetti ad operazioni di facchinaggio, sono tutte categorie in cui è stato possibile dimostrare un eccesso di patologie riconducibili alla concreta condizione lavorativa.





    2. PRECEDENTI NORMATIVI



    Va registrata una relativa povertà della preesistente normativa italiana sulla materia.

    Una antica legge, la n. 635 del 1934, determina in 20 kg il peso massimo sollevabile dalle donne adulte.

    La legge 1204/71 sulla tutela delle lavoratrici madri stabilisce che le donne in gestazione e fino a sette mesi dopo il parto non devono essere adibite al trasporto e sollevamento di pesi.

    La legge 977/67 relativa al lavoro dei fanciulli (minori di 15 anni) e degli adolescenti (minori di 18 anni) determina (seppure con riferimento al lavoro agricolo) i pesi massimi trasferibili dagli stessi differenziando per sesso (fanciulli M = 10 Kg - F = 5 kg, adolescenti M = 20 kg - F = 15 kg).

    Questi richiami, come si vedrà, risultano ancora oggi utili a determinare le condizioni di accettabilità in funzione delle specifiche caratteristiche individuali, quali il sesso e l’età dei lavoratori coinvolti in attività di movimentazione manuale.





    3. IL TITOLO V DEL D.Lgs 626/94



    In tale Titolo, con tre articoli (n. 47, 48, 49) ed un allegato (allegato VI) viene recepita la direttiva comunitaria n. 269/90 in modo sostanzialmente immodificato sia pure in un quadro di congruenze con l’intero testo del decreto. Con riferimento al testo dei tre articoli in questione valgono le seguenti note e considerazioni.



    a) L’articolo 47, che definisce il campo di applicazione, chiarisce in particolare che cosa si intende per azioni od operazioni di movimentazione manuale di carichi, ricomprendendo fra esse non solo quelle più tipiche di sollevamento, ma anche quelle, rilevanti, di spinta, traino e trasporto di carichi che “in conseguenza di condizioni ergonomiche sfavorevoli comportano, tra l’altro, rischi di lesioni dorso-lombari”. Si noti che il significato dell’inciso “tra l‘altro” è ovvio: nella movimentazione manuale di carichi vi sono altri tipi di rischio quali quelli di infortunio o per altri segmenti dell’apparato locomotore diversi dal rachide dorso-lombare (es. cumulative trauma disorders del tratto cervicale e degli arti superiori) o ancora per altri apparati (es. cardiovascolare) che pur non essendo l’oggetto principale dell’attenzione del Titolo V, andranno comunque considerati sulla scorta delle indicazioni dello stesso D.Lgs 626/94 e di altre norme di carattere generale o particolare.



    b) L’articolo 48 identifica gli obblighi specifici del datore di lavoro delineando una precisa strategia di azioni. Tale strategia, riassunta nello schema di flusso più avanti proposto, prevede nell’ordine di priorità:



    1. l’individuazione dei compiti che comportano una movimentazione manuale potenzialmente a rischio (presenza di uno o più degli elementi di rischio riportati nell’allegato VI);

    2. la meccanizzazione dei processi in cui vi sia movimentazione di carichi per eliminare il rischio;

    3. laddove ciò non sia possibile, l’ausiliazione degli stessi processi e/o l’adozione di adeguate misure organizzative per il massimo contenimento del rischio;

    4. l’uso condizionato della forza manuale. In quest’ultimo caso si tratta prima di valutare l’esistenza e l’entità del rischio e di adottare le eventuali misure per il suo contenimento tenendo conto di quanto riportato nell’allegato VI;

    5. la sorveglianza sanitaria (accertamenti sanitari preventivi e periodici) dei lavoratori addetti ad attività di movimentazione manuale;

    6. l’informazione e la formazione (art. 49) degli stessi lavoratori che, per alcuni versi, si struttura come un vero e proprio training di addestramento al corretto svolgimento delle specifiche manovre di movimentazione manuale, previste dal compito lavorativo.



    Di grande interesse è, per altro verso, l’esame dell’allegato VI.

    Esso infatti fornisce un’ampia lista dei diversi elementi lavorativi ed individuali che, se presenti, da soli o in modo reciprocamente interrelato, comportano un rischio più o meno elevato per il rachide dorso-lombare.

    Di tali elementi, fra loro integrati, va tenuto in debito conto tanto in fase di valutazione preliminare del rischio quanto in fase di verifica dell’adeguatezza dei provvedimenti adottati per il contenimento del rischio medesimo.

    L’allegato è il frutto dell’accorpamento dei due allegati originari alla direttiva CEE 269/90 dedicati rispettivamente ai fattori lavorativi e ai fattori individuali di rischio.

    Il testo è rimasto immodificato fatto salvo l’inserimento di una specifica quantitativa (30 kg) posta tra parentesi dopo l’espressione “la movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l’altro dorso-lombare nei casi seguenti: il carico è troppo pesante”.



    Tale specifica quantitativa merita alcune notazioni:



    a) sotto il profilo letterale con essa si afferma soltanto che il peso di un carico va considerato troppo pesante solo se è pari o superiore a 30 Kg: pertanto una condizione di rischio per il rachide dorso lombare sussiste, anche se gli altri elementi e fattori riportati nell'allegato sono del tutto ininfluenti, quando il carico ha un peso di 30 Kg o più. In tale caso scattano comunque gli obblighi determinati dall'art. 48.

    Tale interpretazione peraltro deriva da una lettura del punto 6 della circolare n. 73/97 del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. In essa si afferma: "...tale allegato (il VI) prevede in particolare i casi (ndr: si badi bene i casi e non il caso) in cui la movimentazione manuale può comportare i rischi, le lesioni dorso-lombari. Tra questi casi è previsto quello dei carichi "troppo pesanti" esplicitati con l'indicazione numerica di 30 Kg. Appare evidente che tale riferimento non introduce un divieto di movimentazione manuale dei carichi superiori a 30 Kg, bensì, semplicemente, una soglia a partire dalla quale il datore di lavoro deve adottare comunque misure organizzative o mezzi adeguati per ridurre i rischi di lesione dorso-lombare e deve sottoporre i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16....".

    La Circolare ministeriale in altri termini chiarisce che tutti gli obblighi di prevenzione primaria e di sorveglianza sanitaria scattano anche quando si è in presenza del solo fattore di rischio "carico troppo pesante" (> 30 Kg), essendo ininfluenti gli altri fattori richiamati dall'allegato. In modo implicito questa circolare ribadisce che laddove il carico sia di peso inferiore ai 30 Kg va condotta una più analitica valutazione del rischio tenendo conto di tutti gli elementi citati nell'allegato VI; tale valutazione dovrà peraltro condurre a evidenziare eventuali interventi tesi a rendere la movimentazione manuale "più sicura e sana" nonché ad individuare i soggetti obbligatoriamente da sottoporre alla specifica sorveglianza sanitaria.



    b) Appare ingenuo pensare che possa esistere una sorta di peso limite eguale (in questo caso 30 kg) per i diversi tipi di azioni di movimentazione manuale. Ciò che è possibile fare in condizioni di impegno accettabile è ben diverso infatti a seconda che si esegua una azione di sollevamento, piuttosto che di trasporto in piano o addirittura di traino o spinta. Il valore di 30 kg pertanto, va riferito ad azioni di sollevamento perché per altri generi di azioni (es. spinta di carico su carrello manuale) lo stesso peso di 30 kg risulterebbe addirittura ridicolo.



    c) Sul piano più generale l’esistenza di un sovraccarico per il rachide dorso-lombare va valutata tenendo conto del complesso dei diversi elementi di rischio lavorativo riportati nell’allegato: allo scopo sono utili modelli di valutazione del rischio che, parametrando i principali elementi, portino a definire, per ogni scenario lavorativo dato, qual è il massimo peso del carico movimentabile in quella determinata condizione.



    d) I limiti del carico movimentabile manualmente andranno selezionati in funzione delle quote di popolazione lavorativa che si intende effettivamente proteggere e tenendo conto almeno di fattori individuali quali il sesso e l’età peraltro parzialmente regolamentati nel corpo normativo italiano. Sotto questo profilo da un lato si può ragionevolmente pensare a un livello di protezione esteso quantomeno al 90% della popolazione lavorativa adulta sana e dall’altro affermare che tale livello di protezione porta a limiti differenziati almeno per sesso e fascia di età.



    Va infine ricordato che taluni degli elementi di rischio riportati nell’allegato non riguardano unicamente l’aspetto del sovraccarico sul rachide dorso-lombare, ma pure meritano un’attenzione e valutazione puntuale ai fini del contenimento dei rischi di infortunio o di carattere igienistico.



    Tali sono ad esempio le voci III e V del punto 1 (caratteristiche del carico), III e IV del punto 2 (sforzo fisico richiesto) nonché la maggior parte delle voci del punto 3 (caratteristiche dell’ambiente di lavoro).





    4. PROCEDURE, MODELLI E CRITERI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO CONNESSO ALLA MOVIMENTAZIONE MANUALE



    La valutazione del rischio connesso all’attività di movimentazione manuale di carichi va necessariamente preceduta da una analisi del lavoro (verosimilmente operata nel contesto della più generale valutazione dei rischi di cui all’art. 4 del D.Lgs) con cui in particolare si possa evidenziare se, tra i compiti lavorativi previsti per uno o più lavoratori sono compresi quelli di movimentazione manuale di carichi nonché, nel caso, le caratteristiche tipologiche, di durata e di frequenza degli stessi.

    Individuati tali compiti si dovrebbe, nello spirito di quanto previsto al titolo V, operare secondo lo schema di flusso generale qui indicato nella pagina successiva.

    Per quanto attiene più specificamente le tecniche di valutazione, verranno qui proposti dei metodi di facile utilizzo derivati dalla letteratura e da linee guida internazionali che tengono conto dei diversi riferimenti fin qui forniti a lettura ed interpretazione del testo del D.Lgs 626/94.

    Si tratta di due percorsi diversi a seconda che si tratti di valutare da un lato azioni di sollevamento (o abbassamento) di carichi e dall’altro azioni di trasporto con cammino o di tirare o di spingere.

    È del tutto evidente che i metodi suggeriti non rappresentano l’unico percorso possibile per la valutazione del rischio e che pertanto sono parimenti accettabili anche altri approcci che tuttavia dovranno al contempo essere derivati da esperienze validate dalla letteratura e tenere adeguato conto dell’interrelazione tra i diversi elementi di rischio riportati nell’allegato VI.

    Sotto questo profilo si vuole tuttavia sottolineare che il metodo del NIOSH proposto per l’esame delle azioni di sollevamento offre il duplice vantaggio di essere stato sperimentato per oltre 10 anni negli USA e di rappresentare la base per standard europei in corso di avanzata elaborazione presso il CEN.



    SCHEMA GENERALE DI FLUSSO NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CONNESSO A MOVIMENTAZIONE MANUALE DI CARICHI









    IL LAVORO COMPORTA ATTIVITÀ NO

    DI MOVIMENTAZIONE MANUALE







    SI







    VI È UN POSSIBILE RISCHIO DI LESIONI

    DORSO LOMBARI, OVVERO RICORRE UNO NO

    O PIÙ DEGLI ELEMENTI DELL’ALLEGATO VI







    SI/FORSE







    È POSSIBILE AUTOMATIZZARE,

    MECCANIZZARE O AUSILIARE SI

    LA/LE OPERAZIONI





    VI È UN POSSIBILE

    RISCHIO RESIDUO NO

    NO





    ATTIVARE LE PROCEDURE DI

    VALUTAZIONE DEL RISCHIO SI/FORSE





    IL RISCHIO È INSIGNIFICANTE SI







    NO







    DETERMINARE LE MISURE DI

    PREVENZIONE E CONTENIMENTO

    DEL RISCHIO







    ATTUARE LE MISURE







    IL RISCHIO È SUFFICIENTEMENTE

    CONTENUTO SI





    NO TERMINE DELLA

    VALUTAZIONE



    4.1 Valutazione di azioni di sollevamento



    Come detto, per tale genere di azioni è utile ricorrere al più recente modello proposto dal NIOSH (1993) che è in grado di determinare, per ogni azione di sollevamento, il cosiddetto “limite di peso raccomandato” attraverso un’equazione che, a partire da un massimo peso ideale sollevabile in condizioni ideali, considera l’eventuale esistenza di elementi sfavorevoli e tratta questi ultimi con appositi fattori di demoltiplicazione. Il modello generale dell’equazione del NIOSH è riportato in Fig. 1.

    Il NIOSH, nella sua proposta, parte da un peso ideale di 23 kg valido per entrambi i sessi.

    Ciascun fattore demoltiplicativo previsto può assumere valori compresi tra 0 ed 1.

    Quando l’elemento di rischio potenziale corrisponde ad una condizione ottimale, il relativo fattore assume il valore di 1 e pertanto non porta ad alcun decremento del peso ideale iniziale. Quando l’elemento di rischio è presente, discostandosi dalla condizione ottimale, il relativo fattore assume un valore inferiore a 1; esso risulta tanto più piccolo quanto maggiore è l’allontanamento dalla relativa condizione ottimale: in tal caso il peso iniziale ideale diminuisce di conseguenza.

    In taluni casi l’elemento di rischio è considerato estremo: il relativo fattore viene posto uguale a 0 significando che si è in una condizione di inadeguatezza assoluta per via di quello specifico elemento di rischio.

    Per trasportare questo modello alla nostra contingenza, si può pensare di adottare la procedura NIOSH tale e quale per quanto riguarda i fattori di demoltiplicazione (che corrispondono ai principali, anche se non a tutti, gli elementi di rischio lavorativo, citati nell’allegato VI) partendo tuttavia da un peso “ideale” che è diversificato nel seguente modo:



    ETÀ
    MASCHI
    FEMMINE

    > 18 anni
    30
    20

    15-18 anni
    20
    15




    Ne deriva lo schema di fig. 2 che può essere usato comodamente come scheda di valutazione del rischio connesso ad azioni di sollevamento.

    Nello schema per ciascun elemento di rischio fondamentale sono forniti dei valori quantitativi (qualitativi nel solo caso del giudizio sulla presa) che l’elemento può assumere ed in corrispondenza viene fornito il relativo fattore demoltiplicativo del valore di peso iniziale.



    Figura 1 - NIOSH 1993. Modello consigliato per il calcolo del limite di peso raccomandato









    KG 23




    X


    PESO MASSIMO RACCOMANDATO IN CONDIZIONI OTTIMALI DI SOLLEVAMENTO







    FATTORE ALTEZZA




    X


    ALTEZZA DA TERRA DELLE MANI ALL’INIZIO DEL SOLLEVAMENTO







    FATTORE DISLOCAZIONE




    X


    DISTANZA VERTICALE DEL PESO TRA INIZIO E FINE DEL SOLLEVAMENTO







    FATTORE ORIZZONTALE




    X


    DISTANZA MASSIMA DEL PESO DAL CORPO DURANTE IL SOLLEVAMENTO







    FATTORE FREQUENZA




    X


    FREQUENZA DEL SOLLEVAMENTO IN ATTI AL MINUTO (=0 SE > 12 VOLTE/MIN.)







    FATTORE ASIMMETRIA


    X
    DISLOCAZIONE ANGOLARE DEL PESO RISPETTO AL PIANO SAGITTALE DEL SOGGETTO





    FATTORE PRESA
    X
    GIUDIZIO SULLA PRESA DEL CARICO






    =
    PESO RACCOMANDATO (PR)








    Applicando la procedura a tutti gli elementi considerati si può pervenire a determinare il limite di peso raccomandato nel contesto esaminato.

    Il passo successivo consiste nel calcolare il rapporto tra peso effettivamente sollevato (numeratore) e peso limite raccomandato (denominatore) per ottenere un indicatore sintetico del rischio.

    Lo stesso è minimo per valori tendenziali inferiori a 1; è al contrario presente per valori tendenziali superiori ad 1; tanto è più alto il valore dell’indice tanto maggiore è il rischio.

    Va comunque precisato che la procedura di calcolo del limite di peso raccomandato è applicabile quando ricorrono le seguenti condizioni:



    · sollevamento di carichi svolto in posizione in piedi (non seduta o inginocchiata) in spazi non ristretti

    · sollevamento di carichi eseguito con due mani

    · altre attività di movimentazione manuale (trasporto, spingere o tirare) minimali

    · adeguata frizione tra piedi (suola) e pavimento (coeff. di frizione statica > 0,4)

    · gesti di sollevamento eseguiti in modo non brusco

    · carico non estremamente freddo, caldo, contaminato o con il contenuto instabile

    · condizioni microclimatiche favorevoli.



    Per coloro che non volessero ricorrere allo schema di Fig. 2 vengono forniti in Tabella 1 gli estremi per il calcolo analitico dei diversi fattori (per i fattori presa e frequenza fare riferimento a Figura 2 e Tabella 2).

    Laddove il lavoro di un gruppo di addetti dovesse prevedere lo svolgimento di più compiti diversificati di sollevamento si dovranno seguire, per la valutazione del rischio, procedure di analisi più articolate; in particolare:



    a) per ciascuno dei compiti potranno essere preliminarmente calcolati gli indici di sollevamento indipendenti dalla frequenza/durata, tenendo conto di tutti i fattori di Figura 2 o della Tabella 1, ad eccezione del fattore frequenza;

    b) partendo dai risultati del punto a), si può procedere a stimare un indice di sollevamento composto tenendo conto delle frequenze e durata del complesso dei compiti di sollevamento nonché della loro effettiva combinazione e sequenza nel turno di lavoro.



    Tabella 1 - Elementi per il calcolo analitico del peso limite raccomandato

    ______________________________________________________________

    Costante di peso (CP) =



    ETÀ
    MASCHI
    FEMMINE

    > 18 anni
    30
    20

    15-18 anni
    20
    15






    Fattore verticale (A)
    =
    1 - (0,003 V - 75) ove V = altezza delle mani da terra (cm)

    Fattore distanza verticale (B)
    =
    0,82 + (4,5 / X) ove X = dislocazione verticale (cm)

    Fattore orizzontale ©
    =
    25/H ove H = distanza orizzontale fra corpo e centro del carico (cm)

    Fattore asimmetria (D)
    =
    1 - (0,0032 y) ove y = angolo di asimmetria (gradi)

    Fattore presa (E)
    =
    vedere schema Fig. 2

    Fattore frequenza (F)
    =
    desumere da Tab. 2






    In ogni caso l’indice di sollevamento (composto) attribuito agli addetti che svolgono compiti multipli di sollevamento sarà almeno pari (e sovente maggiore) di quello derivante dalla valutazione del singolo compito più sovraccaricante (considerato con la sua specifica frequenza/durata).

    Presentata la procedura, va solo ricordato che la stessa è stata formalizzata dal NIOSH dopo un periodo decennale di sperimentazione di una precedente analoga proposta e tenuto conto di quanto di meglio avevano prodotto sull’argomento, diversi studi biomeccanici, di fisiologia muscolare, psicofisici, anatomo-patologici e, più che altro, epidemiologici.



    Figura 2 - Calcolo del peso limite raccomandato





    Tabella 2 - Fattore frequenza in funzione di n. azioni, durata del lavoro (F).





    FREQUENZA




    DURATA DEL LAVORO (CONTINUO)

    AZIONI / MIN.

    0,2

    0,5

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    12

    13

    14

    15

    >15


    < 8 ORE

    0,85

    0,81

    0,75

    0,65

    0,55

    0,45

    0,35

    0,27

    0,22

    0,18

    0,15

    0,13

    0,00

    0,00

    0,00

    0,00

    0,00

    0,00


    < 2 ORE

    0,95

    0,92

    0,88

    0,84

    0,79

    0,72

    0,60

    0,50

    0,42

    0,35

    0,30

    0,26

    0,23

    0,21

    0,00

    0,00

    0,00

    0,00


    < 1 ORA

    1,00

    0,97

    0,94

    0,91

    0,88

    0,84

    0,80

    0,75

    0,70

    0,60

    0,52

    0,45

    0,41

    0,37

    0,34

    0,31

    0,28

    0,00











    Nel presentare la propria proposta, il NIOSH riferisce che la stessa risulta protettiva (partendo da 23 kg) per il 99% dei maschi adulti sani e per una percentuale variabile tra il 75 e il 90% delle femmine adulte sane.

    Sulla scorta dei dati disponibili in letteratura si può affermare che la presente proposta (a partire da 30 kg per i maschi adulti e da 20 kg per le femmine adulte) è in grado di proteggere all’incirca il 90% delle rispettive popolazioni, con ciò soddisfacendo il principio di equità (tra i sessi) nel livello di protezione assicurato alla popolazione lavorativa.

    Peraltro la proposta è suscettibile di ulteriori adattamenti con riferimento a sottoinsiemi particolari della popolazione (anziani, portatori di patologie, ecc.) attraverso la scelta di valori di peso iniziale (o “ideale”) specifici per tali gruppi.

    Va ancora riferito che in taluni casi particolari, all’equazione originaria del NIOSH possono essere aggiunti altri elementi la cui considerazione può risultare importante in determinati contesti applicativi.

    Agli stessi corrisponde un ulteriore fattore di demoltiplicazione da applicare alla formula generale prima esposta.

    Va chiarito che la piena validità di questi ulteriori suggerimenti è tuttora oggetto di dibattito in letteratura; tuttavia gli stessi vengono forniti per migliorare la capacità di analisi in alcuni contesti quali:



    · sollevamenti eseguiti con un solo arto: applicare un fattore = 0,6

    · sollevamenti eseguiti da 2 persone: applicare un fattore = 0,85 (considerare il peso effettivamente sollevato diviso 2).



    Per sollevamenti svolti in posizione assisa e sul banco di lavoro non superare il valore di 5 kg per frequenze di 1 v. ogni 5 minuti (diminuire il peso per frequenze superiori).





    4.2 Valutazione di azioni di trasporto in piano di carichi e di tirare e spingere (con l’intero corpo)



    Non esiste per tali generi di azioni un modello valutativo collaudato e scaturito dall’apprezzamento integrato di molteplici approcci, come è quello del NIOSH per azioni di sollevamento.

    Allo scopo pertanto possono risultare comunque utili i risultati di una larga serie di studi di tipo psicofisico magistralmente sintetizzati da SNOOK e CIRIELLO (1991).

    Con essi si forniscono per ciascun tipo di azione, per sesso per diversi percentili di “protezione” della popolazione sana, nonché per varianti interne al tipo di azione (frequenza, altezza da terra, metri di trasporto, ecc.) i valori limite di riferimento del peso (azioni di trasporto) o della forza esercitata (in azioni di tirare o spingere, svolte con l’intero corpo) nella fase iniziale e di mantenimento dell’azione.

    Nelle Tabelle 3, 4 e 5 sono riportati i relativi valori rispettivamente per azioni di spinta, di tiro e di trasporto in piano; sono stati selezionati unicamente i valori che tendono a proteggere il 90% delle rispettive popolazioni adulte sane, maschili e femminili.

    L’uso dei dati riportati nelle figure a fini di valutazione è estremamente semplice: si tratta di individuare la situazione che meglio rispecchia il reale scenario lavorativo esaminato, decidere se si tratta di proteggere una popolazione solo maschile o anche femminile, estrapolare il valore raccomandato (di peso o di forza) e confrontarlo con il peso o la forza effettivamente azionati ponendo quest’ultima al numeratore e il valore raccomandato al denominatore.

    Si ottiene così un indicatore di rischio del tutto analogo a quello ricavato con la procedura di analisi di azioni di sollevamento. La quantificazione delle forze effettivamente applicate richiede il ricorso ad appositi dinamometri da applicare alle reali condizioni operative sul punto di azionamento dei carrelli manuali.



    Tabella 3 - Azioni di spinta: massime forze (iniziali e di mantenimento in kg) raccomandate per la popolazione lavorativa adulta sana, in funzione di: sesso, distanza di spostamento, frequenza di azione, altezza delle mani da terra



    FI = forza iniziale

    FM = forza di mantenimento





    Tabella 3: maschi, distanza 2 - 7,5 - 15 metri



    Distanza
    2 metri


    7,5 metri
    15 metri


    Azione ogni
    6s
    12s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    15s
    22s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    25s
    35s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    145 cm FI
    20
    22
    25
    25
    26
    26
    31
    14
    16
    21
    21
    22
    22
    26
    16
    18
    19
    19
    20
    21
    25

    FM
    10
    13
    15
    16
    18
    18
    22
    8
    9
    13
    13
    15
    16
    18
    8
    9
    11
    12
    13
    14
    16

    95 cm FI
    21
    24
    26
    26
    28
    28
    34
    16
    18
    23
    23
    25
    25
    30
    18
    21
    22
    22
    23
    24
    28

    FM
    10
    13
    16
    17
    19
    19
    23
    8
    10
    13
    13
    15
    15
    18
    8
    10
    11
    12
    13
    13
    16

    65 cm FI
    19
    22
    24
    24
    25
    26
    31
    13
    14
    20
    20
    21
    21
    26
    15
    17
    19
    19
    20
    20
    24

    FM
    10
    13
    16
    16
    18
    19
    23
    8
    10
    12
    13
    14
    15
    18
    8
    10
    11
    11
    12
    13
    15









    Tabella 3: maschi, distanza 30 - 45 - 60 metri



    Distanza
    30 metri


    45 metri
    60 metri


    Azione ogni
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    145 cm FI
    15
    16
    19
    19
    24
    13
    14
    16
    16
    20
    12
    14
    14
    18

    FM
    8
    10
    12
    13
    16
    7
    8
    10
    11
    13





    95 cm FI
    17
    19
    22
    22
    27
    14
    16
    19
    19
    23
    14
    16
    16
    20

    FM
    8
    10
    12
    13
    16
    7
    8
    9
    11
    13





    65 cm FI
    14
    16
    19
    19
    23
    12
    14
    16
    16
    20
    12
    14
    14
    17

    FM
    8
    9
    11
    13
    15
    7
    8
    9
    11
    13











    Tabella 3: femmine, distanza 2 - 7,5 - 15 metri



    Distanza
    2 metri


    7,5 metri
    15 metri


    Azione ogni
    6s
    12s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    15s
    22s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    25s
    35s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    135 cm FI
    14
    15
    17
    18
    20
    21
    22
    15
    16
    16
    16
    18
    19
    20
    12
    14
    14
    14
    15
    16
    17

    FM
    6
    8
    10
    10
    11
    12
    14
    6
    7
    7
    7
    8
    9
    11
    5
    6
    6
    6
    7
    7
    9

    90 cm FI
    14
    15
    17
    18
    20
    21
    22
    14
    15
    16
    17
    19
    19
    21
    11
    13
    14
    14
    16
    16
    17

    FM
    6
    7
    9
    9
    10
    11
    13
    6
    7
    8
    8
    9
    9
    11
    5
    6
    6
    7
    7
    8
    10

    60 cm FI
    11
    12
    14
    14
    16
    17
    18
    11
    12
    14
    14
    16
    16
    17
    9
    11
    12
    12
    13
    14
    15

    FM
    5
    6
    8
    8
    9
    9
    12
    6
    7
    7
    7
    8
    9
    11
    5
    6
    6
    6
    7
    7
    9









    Tabella 3: femmine, distanza 30 - 45 - 60 metri



    Distanza
    30 metri


    45 metri
    60 metri


    Azione ogni
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    135 cm FI
    12
    13
    14
    15
    17
    12
    13
    14
    15
    17
    12
    13
    14
    15

    FM
    5
    6
    6
    6
    8
    5
    5
    5
    6
    8
    4
    4
    4
    6

    90 cm FI
    12
    14
    15
    16
    18
    12
    14
    15
    16
    18
    12
    13
    14
    16

    FM
    5
    6
    6
    7
    9
    5
    6
    6
    6
    8
    4
    4
    5
    6

    60 cm FI
    11
    12
    12
    13
    15
    11
    12
    12
    13
    15
    10
    11
    12
    13

    FM
    5
    6
    6
    6
    8
    5
    5
    5
    6
    7
    4
    4
    4
    6







    Tabella 4 - Azioni di tiro: massime forze (iniziali e di mantenimento in kg) raccomandate per la popolazione lavorativa adulta sana, in funzione di: sesso, distanza di spostamento, frequenza di azione, altezza delle mani da terra



    FI = forza iniziale

    FM = forza di mantenimento





    Tabella 4: maschi, distanza 2 - 7,5 - 15 metri



    Distanza
    2 metri


    7,5 metri
    15 metri


    Azione ogni
    6s
    12s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    15s
    22s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    25s
    35s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    145 cm FI
    14
    16
    18
    18
    19
    19
    23
    11
    13
    16
    16
    17
    18
    21
    13
    15
    15
    15
    16
    17
    20

    FM
    8
    10
    12
    13
    15
    15
    18
    6
    8
    10
    11
    12
    12
    15
    7
    8
    9
    9
    10
    11
    13

    95 cm FI
    19
    22
    25
    25
    27
    27
    32
    15
    18
    23
    23
    24
    24
    29
    18
    20
    21
    21
    23
    23
    28

    FM
    10
    13
    16
    17
    19
    20
    24
    8
    10
    13
    14
    16
    16
    19
    9
    10
    12
    12
    14
    14
    17

    65 cm FI
    22
    25
    28
    28
    30
    30
    36
    18
    20
    26
    26
    27
    28
    33
    20
    23
    24
    24
    26
    26
    11

    FM
    11
    14
    17
    18
    20
    21
    25
    9
    11
    14
    15
    17
    17
    20
    9
    11
    12
    13
    15
    15
    18









    Tabella 4: maschi, distanza 30 - 45 - 60 metri



    Distanza
    30 metri


    45 metri
    60 metri


    Azione ogni
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    145 cm FI
    12
    13
    15
    15
    19
    10
    11
    13
    13
    16
    10
    11
    11
    14

    FM
    7
    8
    9
    11
    13
    6
    7
    8
    9
    10
    6
    6
    7
    9

    95 cm FI
    16
    18
    21
    21
    26
    14
    16
    18
    18
    23
    13
    16
    16
    19

    FM
    9
    10
    12
    14
    17
    7
    9
    10
    12
    14
    7
    9
    10
    12

    65 cm FI
    18
    21
    24
    24
    30
    16
    18
    21
    21
    26
    15
    18
    18
    22

    FM
    9
    11
    13
    15
    18
    8
    9
    11
    12
    15
    8
    9
    10
    12







    Tabella 4: femmine, distanza 2 - 7,5 - 15 metri



    Distanza
    2 metri


    7,5 metri
    15 metri


    Azione ogni
    6s
    12s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    15s
    22s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    25s
    35s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    135 cm FI
    13
    16
    17
    18
    20
    21
    22
    13
    14
    16
    16
    18
    19
    20
    10
    12
    13
    14
    15
    16
    17

    FM
    6
    9
    10
    10
    11
    12
    15
    7
    8
    9
    9
    10
    11
    13
    6
    7
    7
    8
    8
    9
    11

    90 cm FI
    14
    16
    18
    19
    21
    22
    23
    14
    15
    16
    17
    19
    20
    21
    10
    12
    14
    14
    16
    17
    18

    FM
    6
    9
    10
    10
    11
    12
    14
    7
    8
    9
    9
    10
    10
    13
    5
    6
    7
    7
    8
    9
    11

    60 cm FI
    15
    17
    19
    20
    22
    23
    24
    15
    16
    17
    18
    20
    21
    22
    11
    13
    15
    15
    17
    18
    19

    FM
    5
    8
    9
    9
    10
    11
    13
    6
    7
    8
    8
    9
    10
    12
    5
    6
    7
    7
    7
    8
    10









    Tabella 4: femmine, distanza 30 - 45 - 60 metri



    Distanza
    30 metri


    45 metri
    60 metri


    Azione ogni
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    2m
    5m
    30m
    8h


    Altezza

    mani da terra


    135 cm FI
    12
    13
    14
    15
    17
    12
    13
    14
    15
    17
    12
    13
    14
    15

    FM
    6
    7
    7
    8
    10
    6
    6
    7
    7
    9
    5
    5
    5
    7

    90 cm FI
    13
    14
    15
    16
    18
    13
    14
    15
    16
    18
    12
    13
    14
    16

    FM
    6
    7
    7
    7
    10
    5
    6
    6
    7
    9
    5
    5
    5
    7

    60 cm FI
    13
    14
    15
    17
    19
    13
    14
    15
    17
    19
    13
    14
    15
    17

    FM
    6
    6
    6
    7
    9
    5
    6
    6
    6
    8
    4
    5
    5
    6







    Tabella 5 - Azioni di trasporto in piano: massimo peso raccomandato (in kg) per la popolazione lavorativa adulta sana in funzione di: sesso, distanza di percorso, frequenza di trasporto, altezza delle mani da terra



    Distanza
    2 metri


    4 metri
    8 metri


    Azione ogni
    6s
    12s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    10s
    15
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h
    18s
    24s
    1m
    2m
    5m
    30m
    8h


    Maschi

    Altezza

    mani da terra


    110 cm FI
    10
    14
    17
    17
    19
    21
    25
    9
    11
    15
    15
    17
    19
    22
    10
    11
    13
    13
    15
    17
    20

    80 cm FI
    13
    17
    21
    21
    23
    26
    31
    11
    14
    18
    19
    21
    23
    27
    13
    15
    17
    18
    20
    22
    26


    Femmine

    Altezza

    mani da terra


    100 cm FI
    11
    12
    13
    13
    13
    13
    18
    9
    10
    13
    13
    13
    13
    18
    10
    11
    12
    12
    12
    12
    16

    70 cm FI
    13
    14
    16
    16
    16
    16
    22
    10
    11
    14
    14
    14
    14
    20
    12
    12
    14
    14
    14
    14
    19







    4.3 Indicatori di rischio e azioni conseguenti



    Come si è visto è possibile, sia pure attraverso percorsi diversi in funzione delle diverse azioni di movimentazione, arrivare a esprimere indicatori sintetici di rischio derivati dal rapporto tra il peso (la forza) effettivamente movimentato e il peso (la forza) raccomandato per quell’azione nello specifico contesto lavorativo.

    Sulla scorta del risultato (indicatore) ottenuto è possibile delineare conseguenti comportamenti in funzione preventiva. Nel dettaglio valgono i seguenti orientamenti:



    · l’indice sintetico di rischio è < 0,75 (area verde): la situazione è
    accettabile e non è richiesto alcuno specifico intervento.



    · L’indice sintetico di rischio è compreso tra 0,75 e 1 (area gialla): la situazione si avvicina ai limiti, una quota della popolazione (stimabile tra l’1% e il 10% di ciascun sottogruppo di sesso ed età) può essere non protetta e pertanto occorrono cautele anche se non è necessario uno specifico intervento. Si può consigliare di attivare la formazione del personale addetto. Lo stesso personale può essere, a richiesta, sottoposto a sorveglianza sanitaria specifica. Laddove è possibile, è consigliato di procedere a ridurre ulteriormente il rischio con interventi strutturali ed organizzativi per rientrare nell’area verde (indice di rischio < 0,75).



    · L’indice sintetico di rischio è > 1 (area rossa). La situazione può comportare un rischio per quote crescenti di popolazione e pertanto richiede un intervento di prevenzione primaria. Il rischio è tanto più elevato quanto maggiore è l’indice. Vi è necessità di un intervento immediato di prevenzione per situazioni con indice maggiore di 3; l’intervento è comunque necessario anche con indici compresi tra 1 e 3. Programmare gli interventi identificando le priorità di rischio. Riverificare l’indice di rischio dopo ogni intervento. Attivare la sorveglianza sanitaria periodica del personale esposto.





    5. CONSIDERAZIONI DI SINTESI SULLA VALUTAZIONE DELLE AZIONI DI MOVIMENTAZIONE



    Il presente contributo è stato preparato nel tentativo di proporre, oltre che una chiave di lettura di quanto disposto dal Titolo V del D.Lgs 626/94, anche delle metodiche di valutazione del rischio connesso alla movimentazione manuale di facile applicazione sul campo.

    Esse dovrebbero essere in grado di facilitare il lavoro di valutazione in buona parte dei contesti in cui le stesse vanno applicate e, data la loro semplicità, di favorire il mantenimento dei costi connessi a tale processo di valutazione.

    Va da sé che tali metodiche potranno risultare incomplete o inadeguate in alcuni contesti, di maggiore complessità e difficoltà, specie laddove gli altri elementi di rischio considerati nell’Allegato VI e non compresi nei modelli proposti fossero preminenti: in tali casi si dovrà ricorrere ad una analisi più approfondita condotta da personale qualificato.

    D’altro lato è doveroso ribadire che la valutazione e la gestione del rischio, specie per le situazioni più complesse, dovrà tener conto anche di ulteriori informazioni derivanti dall’analisi dei dati sanitari (es. registrazione delle lesioni da sforzo e delle lombalgie acute connesse con il lavoro), da standard e linee guida internazionali, dalla letteratura tecnico scientifica nonché da quanto disponibile presso quelle strutture del Servizio sanitario nazionale che in questi anni hanno maturato adeguate esperienze sulla materia.



    Sotto il profilo operativo si vuole qui inoltre chiarire che sebbene l’art. 47 stabilisca che le norme del Titolo VI si applicano a qualsiasi azione di movimentazione manuale in tutti i contesti di lavoro, sotto il profilo applicativo le procedure di valutazione potranno rivolgersi a:



    · carichi di peso superiore a 3 kg;

    · azioni di movimentazione che vengono svolte in via non occasionale (ad es. con frequenze medie di 1 volta ogni ora nella giornata lavorativa tipo). Per le azioni di tipo occasionale, specie di sollevamento, sarà possibile operare la valutazione sulla scorta del semplice superamento del valore massimo consigliato per le diverse fasce di età e sesso (30 kg maschi, 20 kg femmine).



    Inoltre, laddove esistano “serie omogenee” di posti e modalità di lavoro, sarà possibile procedere, in prima istanza, e operate le opportune verifiche, ad una valutazione campionaria che sarà considerata rappresentativa dell’intera serie da analizzare.

    L’utilizzazione critica delle metodiche proposte, su un altro fronte, potrà condurre gli operatori più accorti a delineare le specifiche strategie per l’eventuale contenimento del rischio: si tratterà infatti di agire su quei fattori ed elementi risultati maggiormente critici (e penalizzanti) in fase di valutazione e di ricorrere, secondo possibilità ed opportunità, ora a soluzioni strutturali (diminuzione del peso, miglioramento delle zone e percorsi in cui avviene la movimentazione, ausiliazione) ora a soluzioni organizzative (azioni svolte da più operatori, diminuzione della frequenza di azione, rotazione e condivisione tra più lavoratori delle attività di movimentazione).

    Vi è, sotto questo profilo, la piena consapevolezza che quando si passerà dalla valutazione del rischio alla ricerca delle soluzioni, quest’ultima si presenterà più o meno facile nei diversi settori di lavoro. Vi sono infatti dei settori (es. ospedali, edilizia, trasporti e traslochi, lavori di facchinaggio) in cui l’adozione di soluzioni realmente adeguate risulterà estremamente problematica per una molteplicità di diversi elementi contrastanti (peso indivisibile, problemi strutturali, di contesto economico e sociale).

    In tali settori si tratterà di adottare tutte le tecniche di prevenzione disponibili (interventi strutturali, organizzativi, formativi, di sorveglianza sanitaria) in un adeguato mix nella consapevolezza che è possibile il contenimento e controllo del rischio ma è difficile la sua riduzione a livelli di insignificanza.

    Al contrario in altri settori, tipicamente quelli dell’industria manifatturiera, le soluzioni di prevenzione si presentano tendenzialmente di più semplice attuazione e generalmente possibili anche a costi economici di investimento contenuti.







    6. LA SORVEGLIANZA SANITARIA DEI LAVORATORI ADDETTI AD ATTIVITÀ DI MOVIMENTAZIONE MANUALE DI CARICHI





    6.1 Riferimenti normativi



    L’articolo 48, comma 4, punto c) del D.Lgs 626/94 prevede che il datore di lavoro sottoponga a sorveglianza sanitaria gli addetti ad attività di movimentazione manuale di carichi.

    Tale sorveglianza sanitaria, svolta secondo le previsioni dell’articolo 16 del medesimo decreto, è effettuata dal medico competente e comprende:

    · accertamenti preventivi per valutare l’eventuale presenza di controindicazioni al lavoro specifico;

    · accertamenti periodici per controllare lo stato di salute del lavoratore.



    Entrambi tali accertamenti comportano l’espressione di giudizi di idoneità e comprendono esami clinici, biologici ed indagini diagnostiche mirate allo specifico rischio (lesioni del rachide dorso-lombare nella fattispecie).

    L’articolo 17 del medesimo decreto legislativo, al comma 2, chiarisce che “il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro, che ne sopporta gli oneri”.





    6.2 Finalità della sorveglianza sanitaria



    Le finalità generali della sorveglianza sanitaria sono di tipo eminentemente preventivo e destinate a verificare, prima dell’avvio al lavoro e poi nel tempo, l’adeguatezza del rapporto tra specifica condizione di salute e specifica condizione di lavoro dei lavoratori singoli e, in seconda istanza, collettivamente considerati.

    All’interno di tale finalità generale e tenuto conto che le patologie in questione sono, al massimo, del tipo “lavoro-correlato (work-related)”, si possono individuare obiettivi più specifici della sorveglianza, quali:



    · identificare eventuali condizioni “negative” di salute ad uno stadio precoce al fine di prevenirne l’ulteriore decorso;

    · identificare soggetti portatori di condizioni di ipersuscettibilità per i quali vanno previste misure protettive più cautelative di quelle adottate per il resto dei lavoratori;

    · contribuire, attraverso opportuni feedback, all’accuratezza della valutazione del rischio collettivo ed individuale;

    · verificare nel tempo l’adeguatezza delle misure di prevenzione collateralmente adottate;

    · raccogliere dati clinici per operare confronti tra gruppi di lavoratori nel tempo e in contesti lavorativi differenti.



    6.3 Patologie di interesse



    Pressoché tutte le patologie che coinvolgono il rachide (indipendentemente dai meccanismi etiopatogenetici) sono di specifico interesse se non altro ai fini dell’espressione dei giudizi di idoneità al lavoro (si veda al proposito anche quanto riportato nelle tabelle 8, 9a e 9b): tuttavia è bene chiarire che, ai presenti fini, esse possono essere grossolanamente suddivise in due diversi gruppi:



    a) patologie non etiologicamente correlabili con l’attività di lavoro (es. patologie su base costituzionale, metabolica o genetica di tipo prevalentemente malformativo) ma che sono influenzate negativamente dal sovraccarico biomeccanico e che pertanto rappresentano una condizione di ipersuscettibilità nei soggetti che ne sono portatori;

    b) patologie a etiologia multifattoriale nelle quali tuttavia condizioni di sovraccarico biomeccanico lavorativo possono agire come cause primarie o concause rilevanti. Tali sono le forme che si incentrano su processi di degenerazione del disco intervertebrale (es. discopatie, protrusione ed ernia del disco) nonché le forme generiche acute (lombalgia da sforzo).



    È ovvio che le prime sono di interesse solo ai fini dei giudizi di idoneità al lavoro specifico nei singoli soggetti che ne siano portatori mentre le seconde, oltre a ciò, interessano anche in chiave collettiva potendo la loro occorrenza essere interpretata (disponendo di opportuni dati di riferimento) come elemento di verifica della più complessiva azione preventiva. Va inoltre ricordato che, ai fini dell’espressione dei giudizi di idoneità, andranno considerati anche gli aspetti relativi alle condizioni di altri organi ed apparati (es. cardiovascolare, respiratorio) nonché a particolari condizioni fisiologiche (es. stato gravidico).





    6.4 Periodicità degli accertamenti



    Come suggerito dalla norma, la sorveglianza sanitaria mirata va attivata verso i singoli soggetti al momento della loro “assunzione” o “avviamento al lavoro” naturalmente laddove gli stessi siano destinati ad attività con movimentazione manuale di carichi.

    In tale fase relativi controlli andrebbero effettuati su tutti gli addetti a movimentazione manuale indipendentemente dall’esito della valutazione del rischio attraverso i cosiddetti “indici di movimentazione”. Tali indici infatti, con le conseguenti indicazioni per quanto concerne la sorveglianza sanitaria periodica, sono stati definiti su di un’ipotesi di protezione della popolazione lavorativa adulta “sana”.

    In fase di assunzione si tratta di sottoporre a screening quelle patologie del rachide anche di natura non lavorativa la cui presenza potrebbe rivelarsi di per sé incompatibile con la specifica condizione di lavoro anche per livelli di esposizione relativamente “sicuri” per la grande maggioranza della popolazione. Si vuole qui per inciso ricordare che lo scopo della sorveglianza sanitaria in fase di assunzione non può né deve essere (salvo isolate eccezioni) quello di selezionare i lavoratori “più sani e forti” da adibire a lavori sovraccaricanti, ma bensì di individuare i soggetti già portatori di una qualche patologia che li renda ipersuscettibili alle condizioni di lavoro “accettabili” per tutti e che pertanto deponga per provvedimenti di restrizione dei possibili livelli di esposizione.

    La sorveglianza sanitaria periodica ha, come già evidenziato, finalità almeno in parte diverse e più ampie di quella preventiva.

    In prima ipotesi essa va attivata per tutti i soggetti esposti a condizioni di movimentazione manuale di carichi in cui l’indice di movimentazione sia risultato, alla valutazione del rischio, superiore a 1.

    L’effettiva periodicità (cadenza dei ricontrolli) andrà stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio medesima e delle conoscenze relative allo stato di salute individuale e collettivo della popolazione seguita; è possibile peraltro che il medico competente scelga di adottare periodicità differenziate per i singoli soggetti. In linea di massima tuttavia si può affermare che una periodicità triennale dovrebbe essere adeguata a monitorare soggetti esposti a condizioni di movimentazione con relativo indice compreso tra 1 e 3, e di età compresa tra 18 e 45 anni. Qualora l’indice fosse superiore, per il periodo necessario a ridurre il rischio lavorativo, sarà bene aumentare la frequenza dei controlli sanitari mirati (annuale - biennale). Per i soggetti più giovani e per gli ultraquarantacinquenni la periodicità dei controlli dovrebbe di norma essere biennale.

    Va ricordato infine che, in sede di prima applicazione delle norme del D.Lgs 626/94, si rende necessaria una campagna straordinaria di controllo sanitario mirato di tutti i lavoratori adibiti ad attività di movimentazione manuale di carichi, con indice di movimentazione superiore a 1, ovviamente laddove tale procedura non fosse già stata attivata per altri motivi nella fase precedente.





    6.5 Protocolli



    Fermo restando che il medico competente ha il diritto-dovere di attivare, nei limiti della deontologia professionale, delle norme di legge e delle finalità della sorveglianza sanitaria, quelle che a suo parere sono le procedure cliniche più adeguate, in questa sede verranno forniti degli orientamenti utili più che altro ad uniformare i criteri di comportamento e a rendere paragonabili i dati raccolti in contesti diversi.

    In via orientativa, per le finalità di screening delle popolazioni lavorative esposte, possono essere adottati gli strumenti dell’intervista anamnestica mirata e dell’esame clinico-funzionale del rachide.

    Una versione integrata di tali strumenti è stata messa a punto, sperimentata, validata e già largamente applicata dall’Unità di Ricerca “Ergonomia della Postura e del Movimento (EPM)” di Milano che ne ha fatto oggetto di successive pubblicazioni.

    Essa è riportata nel dettaglio nell’Appendice: lì sono anche fornite note circa i criteri per l’inquadramento diagnostico dei diversi sintomi e segni raccolti durante la loro applicazione.

    Allo stato attuale delle conoscenze sembra importante raccomandare di non procedere, in fase di screening, all’esecuzione di esami radiografici che invece andranno riservati a quei casi per i quali il preliminare esame anamnestico e clinico funzionale del rachide ne abbia evidenziato l’opportunità e la necessità.

    Tale impostazione deriva non solo da una doverosa cautela radioprotezionistica ma anche dalla constatazione di un inadeguato rapporto tra costi e benefici (da più parti ribadito in letteratura) laddove sono state applicate procedure indiscriminate di screening radiografico della popolazione.

    Al contrario la radiografia, accanto ad altri esami strumentali, di laboratorio e ad eventuali accertamenti clinico-specialistici (ortopedici, reumatologici, fisiatrici), è da prevedersi nei casi in cui vi sia un motivato sospetto clinico-diagnostico.

    In Appendice al proposito viene fornita una lista, non esaustiva, di segni o quadri, rilevati all’esame clinico-funzionale di screening, per i quali si rende utile il ricorso all’approfondimento radiografico.

    Va tuttavia sottolineato che la procedura indicata (esame clinico di screening e radiografia solo nei casi selezionati) comporta qualche problema specie in sede di accertamento preventivo.

    In tale sede infatti, per ovvi motivi, il soggetto tende a sottacere e a minimizzare i propri eventuali sintomi; inoltre vi sono affezioni (es. spondilolistesi di lieve grado, tumori benigni delle vertebre, ecc.) che, specie in età giovanile, restano effettivamente silenti sia sul piano dei sintomi che dei segni clinici. Ne deriva che, anche ad un esame clinico accurato, tali affezioni possono sfuggire e pertanto, in assenza di esame radiografico, i soggetti che ne sono portatori, e che sono di fatto degli ipersuscettibili, verranno avviati comunque ad un lavoro per essi potenzialmente sovraccaricante.

    Questa osservazione è stata riportata non già per ribaltare l’impostazione di fondo data (che anzi resta comunque valida) quanto piuttosto per focalizzare l’attenzione sulla necessità che l’accertamento clinico di screening preventivo deve essere condotto accuratamente e sul fatto che anche in seguito potrebbero manifestarsi, in soggetti già assunti e controllati periodicamente, eventi patologici non attribuibili primariamente al lavoro ma che pure possono condurre a provvedimenti di esclusione dai compiti comportanti un “relativo” sovraccarico per il rachide.

    Per il futuro, l’approfondimento delle interconnessioni tra determinati quadri semeiotici e possibili patologie vertebrali, da un lato, e la disponibilità di nuove tecniche strumentali non o poco invasive e di basso costo, dall’altro lato, potranno consentire di superare gradualmente le difficoltà evidenziate specie per quanto attiene agli screening preventivi.

    Per quanto attiene invece agli screening periodici è possibile ipotizzare una procedura a 3 step che preveda in linea di massima:



    · l’utilizzazione generalizzata dell’indagine anamnestica mirata;

    · l’effettuazione dell’esame clinico funzionale del rachide nei casi positivi all’indagine anamnestica;

    · l’effettuazione di ulteriori esami specialistici radiologici e strumentali nei casi che ne abbisognano, sulla scorta dell’indagine anamnestica e dell’esame clinico-funzionale del rachide. In particolare tali approfondimenti vanno attivati quando si prospetti l’opportunità di un giudizio di idoneità condizionata (v. oltre).





    6.6 Utilizzazione dei dati collettivi degli screening periodici



    Gli strumenti di screening proposti consentono di inquadrare, indipendentemente dagli ulteriori accertamenti eventualmente attivati in chiave individuale, ogni soggetto secondo i sintomi accusati negli ultimi dodici mesi (positività all’intervista anamnestica) o, sulla scorta dell’esame clinico-funzionale, secondo un sistema di catalogazione dei sintomi e segni in tre distinti gradi di spondiloartropatia clinico-funzionale (SAP) rispettivamente per i tratti cervicale, dorsale e lombosacrale.

    Il primo grado di SAP coincide con la positività all’intervista anamnestica (v. appendice).

    Inoltre nel modello di screening proposto, gli eventi acuti, quali le lombalgie acute, vengono specificamente registrati ed elaborati.

    I dati collettivi, scaturiti dalle campagne periodiche di accertamento sanitario condotte con tali strumenti nei confronti di gruppi di lavoratori esposti, possono essere utilizzati con finalità molteplici; tra queste è tuttavia preminente la verifica dell’esistenza, nel gruppo considerato, di eventuali eccessi dell’occorrenza di casi positivi rispetto a gruppi di riferimento composti da lavoratori a bassa o nulla esposizione lavorativa.

    Tale verifica infatti rappresenta:



    · una modalità di controllo (sugli effetti) della qualità della valutazione del rischio e, più che altro, delle misure di prevenzione primaria specificamente adottate.

    · un elemento per l’eventuale pianificazione tanto di ulteriori interventi di prevenzione primaria quanto di un rafforzamento quali-quantitativo della sorveglianza sanitaria medesima.



    Va al proposito considerato che i disturbi e le patologie oggetto della specifica sorveglianza sanitaria sono diffusi in una certa misura, dipendente peraltro da numerosi fattori extralavorativi (tra cui preminenti il sesso e l’età anagrafica), anche nella popolazione adulta non esposta professionalmente. Per ipotesi, tale diffusione nella popolazione adulta generale rappresenta il “plafond”, il livello, oltre al quale gli eccessi eventualmente registrati nell’occorrenza di patologia nei gruppi di esposti è attribuibile alla specifica condizione di lavoro verso la quale va pertanto orientata l’attività di prevenzione.

    Al fine di facilitare i confronti qui ipotizzati, nelle tabelle 6 e 7 sono riportate, per sesso e classi decennali di età anagrafica, le prevalenze registrate in un gruppo di soggetti con bassa o nulla esposizione professionale, di casi di positività anamnestica per i disturbi del rachide cervicale, dorsale e lombosacrale e per gli episodi annui di lombalgia acuta.

    I dati riportati nelle tabelle 6 e 7, come detto, possono essere utilizzati come “termine di paragone” per verificare l’esistenza di fenomeni di notevole scostamento dalle frequenze di singole alterazioni ragionevolmente attese nell’ipotesi di rischio lavorativo trascurabile.

    È evidente che i confronti potranno essere operati solo laddove il gruppo di esposti considerato risulti sufficientemente numeroso per la trattazione statistica e sia stato visitato e classificato secondo i metodi e i criteri che in questa sede sono stati proposti.





    Tabella 6 - Risultati dello screening clinico-funzionale del rachide in un gruppo maschile di controllo * (positività alla soglia anamnestica)





    CLASSE


    CERVICALE
    DORSALE
    LOMBOSACRALE **

    DI ETÀ
    NEGATIVI

    N. %
    POSITIVI *

    N. %
    NEGATIVI

    N. %
    POSITIVI * N. %
    NEGATIVI

    N. %
    POSITIVI * N. %

    16-25
    45
    88
    6
    12
    50
    98,0
    1
    2,0
    48
    94
    3
    5,8

    26-35
    118
    82,5
    25
    17,5
    139
    97,2
    4
    2,8
    125
    87,4
    18
    12,6

    36-45
    557
    84,3
    104
    15,7
    634
    95,3
    31
    4,7
    486
    73,5
    175
    26,5

    46-55
    430
    77,3
    126
    22,7
    534
    96,0
    22
    4
    346
    62,5
    208
    37,5






    ** PREVALENZA DI SOGGETTI CHE HANNO PRESENTATO ALMENO UN EPISODIO DI LOMBALGIA ACUTA NEGLI ULTIMI 12 MESI
    = 2,2%


    N. CASI POSITIVI

    N. CASI NEGATIVI

    TOTALE
    = 31

    = 1347

    = 1378



    Tabella 7 - Risultati dello screening clinico-funzionale del rachide in un gruppo femminile di controllo * (positività alla soglia anamnestica)





    CLASSE


    CERVICALE




    DORSALE


    LOMBOSACRALE

    DI ETÀ
    NEGATIVI

    N. %
    POSITIVI *

    N. %
    NEGATIVI

    N. %
    POSITIVI * N. %
    NEGATIVI

    N. %
    POSITIVI * N. %

    16-25
    79
    93
    6
    7,0
    83
    96,5
    3
    3,5
    77
    90,6
    8
    9,4

    26-35
    119
    83,2
    24
    16,8
    140
    97,9
    3
    2,1
    124
    86,7
    19
    13,3

    36-45
    146
    75,7
    47
    24,3
    183
    94,8
    10
    5,2
    145
    75,1
    48
    24,9

    46-55
    43
    58,2
    31
    41,8
    71
    96,0
    3
    4,0
    52
    70,3
    22
    29,7








    È ovvio che il medico competente potrà utilizzare altre fonti di dati di riferimento (ad esempio controlli interni ad una stessa azienda): dovrà avere in tal caso cura di trattare adeguatamente il problema dei fattori di rischio extralavorativo e di omogeneizzare i criteri di classificazione degli effetti nei gruppi a confronto.





    6.7 Orientamenti per l’espressione dei giudizi di idoneità al lavoro comportante la movimentazione manuale di carichi



    Tanto gli accertamenti preventivi che quelli periodici hanno, tra gli altri, lo scopo di verificare la compatibilità tra condizioni individuali di salute e specifica condizione lavorativa e pertanto si concludono con un giudizio di idoneità al lavoro specifico espresso, nella fattispecie, dal medico competente.

    Avverso tale giudizio, espresso in sede di accertamento periodico, il lavoratore (comma 4, art. 17, D.Lgs 626/94) può fare ricorso all’organo di vigilanza che “dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso”.

    Va inoltre ricordato che il giudizio di idoneità in questione può essere per altri versi richiesto dal lavoratore in qualsiasi momento ad un ente competente di diritto pubblico.

    Vi è pertanto necessità di uniformare quanto più possibile i criteri e gli orientamenti da adottare nella specifica materia.

    Al proposito un utile riferimento è rappresentato dal contributo di Colombini et al. (Med. Lav. 84, 5, 373-378, 1993) cui si rimanda per ogni dettaglio.

    Ipotesi centrale di quel contributo è che, al di là di forme patologiche molto gravi (di difficile riscontro nella pratica di medicina del lavoro), vi sono diversi tipi e gradi di patologie malformative, degenerative, infiammatorie e neoformative del rachide che rappresentano una condizione di ipersuscettibilità al sovraccarico biomeccanico, per le quali è necessario prevedere una riduzione (anche consistente) del livello di esposizione ma non necessariamente il completo allontanamento dall’insieme dei compiti lavorativi svolti.

    La Tabella 8 riporta un elenco, non esaustivo, dei quadri patologici più gravi e le relative condizioni di accettabilità delle attività di movimentazione manuale di carichi, espresse separatamente per maschi e femmine adulti.

    La successiva tabella 9a riguarda, in modo del tutto analogo, i quadri strutturati di patologie definite di media gravità e le relative condizioni di impiego.

    La Tabella 9b elenca patologie del rachide di natura più funzionale per le quali l’idoneità va espressa in termini di temporaneità (anziché di permanenza come nei casi precedenti).

    Le condizioni di restrizione dei compiti per tali quadri funzionali sono le stesse indicate nella figura di tabella 9a.

    Si tenga presente che le indicazioni e le figure circa i compiti di movimentazione ancora possibili, a fronte delle specifiche patologie, sono stati ricavati secondo un approccio generale che è del tutto simile a quello riportato per la valutazione del rischio nella popolazione adulta sana: rispetto a questa di fatto vengono modificate unicamente le “costanti di peso” movimentabili in condizioni ideali, che poi sono ulteriormente decrementate in funzione dello scostamento da tali condizioni dei diversi elementi di rischio influenti.

    Sotto il profilo pratico e ai fini dell’inserimento lavorativo dei soggetti “patologici” interessati è auspicabile che il medico competente esamini i diversi compiti di movimentazione manuale cui il soggetto deve essere addetto e verifichi, per ciascuno di essi, l’esistenza delle condizioni di accettabilità previste.

    Ove uno o più dei compiti esaminati risultassero non compatibili con il quadro patologico del soggetto interessato gli stessi andranno o specificamente riorganizzati con un’adeguata riduzione delle condizioni di sovraccarico, o esclusi da quelli previsti per il soggetto stesso.

    La decisione nel merito dipende da una serie di fattori (economici, produttivi, di rapporto sindacale, di possibilità di alternative di impiego) che possono presentarsi in modo assai variabile e che comunque esulano dalla possibilità di discussione della presente nota.







    Tabella 8 - Patologie gravi a carico del rachide dorso-lombare



    - Ernia discale in atto con compromissione radicolare

    - Ernia discale: protrusione senza interessamento radicolare

    - Ernia discale ridotta chirurgicamente

    - Stenosi del canale con compromissione radicolare

    - Spondilolistesi di 2° grado (scivolamento >25%)

    - Sindrome di Klippel-Feil

    - Scoliosi importanti (almeno 30° Cobb con torsione di 2)

    - Morbo di Scheuermann con dorso curvo strutturato di circa 40° in presenza di discopatia nel tratto lombare

    - Instabilità vertebrale grave (presenza in alcune patologie quali la spondilolistesi, Klippel-Feil, discopatia, fratture che comportano uno scivolamento vertebrale del 25%)

    - Lesioni della struttura ossea e articolare di natura distruttiva o neoformativa (osteoporosi grave, angioma vertebrale, ecc.)

    - Spondilite anchilosante (e altre forme infiammatorie).



    Escludere permanentemente:

    da lavori che comportano sollevamenti o spostamenti di carichi superiori a quelli indicati in figura (sollevabili dal 99,9% della popolazione sana). I sollevamenti consentiti devono essere occasionali con frequenze di sollevamento max di1 v. ogni 5 minuti per non più di 2 ore nel turno lavorativo.



    segue Tabella 8










    Tabella 9a - Patologie di media gravità a carico del rachide dorso lombare



    - Scoliosi significative (esempi: 20° Cobb con torsione 2, o 30° Cobb con torsione 1+)

    - Sindrome di Baastrup

    - Morbo di Scheuerman (presenza di dorso curvo strutturato)

    - Sindrome di Klippel-Feil (anche una sola sinostosi)

    - Spondilolistesi di 1° grado. Spondilolisi

    - Emisacralizzazione con pseudo articolazione

    - Stenosi del canale in assenza di segni neurologici

    - Discopatia lombare grave

    - Inversione lordosi lombare in presenza di discopatia

    - Instabilità vertebrale lieve (10/15% in presenza di alcune patologie).



    Escludere permanentemente:

    da lavori che comportano sollevamenti di gravi superiori a quelli indicati in figura (sollevabili dal 99% della popolazione sana). Frequenza di sollevamento consigliata pari a 1 v. ogni 5 minuti per max 4 ore/die non continuative. Per frequenze max di sollevamenti (1 v. al minuto) ridurre del 20% i valori indicati.






    segue Tabella 9a










    Tabella 9b - Patologie di moderata gravità del rachide dorso-lombare

    (alterazioni di carattere funzionale)









    - Spondiloartropatie dorsali o lombari con deficit funzionale (es. 3° grado classificazione EPM)



    - Spondiloartropatie dorsali o lombari di media entità (es. 2° grado classificazione EPM), accompagnate da alterazioni morfologiche o degenerative (non già altrimenti considerate) del rachide.





    Sospendere temporaneamente:

    Consentite le stesse condizioni della Tabella 9a.

    Da sottoporre a trattamento riabilitativo.














    7. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE





    1. CEN pr EN 1005-2:Safety of machinery- Human physical performance. Part 2 - Manual handling of objects associated to machinery.



    2. D. COLOMBINI, E. OCCHIPINTI, O. MENONI, D. BONAIUTI, S. CANTONI, G. MOLTENI, A. GRIECO: Patologie del rachide dorso-lombare e movimentazione manuale di carichi: orientamenti per la formulazione di giudizi di idoneità. Medicina del Lavoro, 84, 5, 373-387, 1993.



    3. HEALTH AND SAFETY COMMISSION (U. K.): Manual handling of loads. Proposal for regulations and guidance. Novembre, 1991.



    4. E.OCCHIPINTI, D. COLOMBINI, G. MOLTENI, O. MENONI, S. BOCCARDI, A. GRIECO: Messa a punto e validazione di un questionario per lo studio delle alterazioni del rachide in collettività lavorative. Medicina del Lavoro, 79, 5, 390-402, 1988.



    5. E. OCCHIPINTI, D. COLOMBINI G. MOLTENI, O. MENONI, S. BOCCARDI, A. GRIECO: Clinical and functional examination of the spine in working communities: occurrence of alterations in the male control group. Clinical Biomechanics, 4, 1, 25-33, 1989.



    6. SNOOK S. H., CIRIELLO V. M.: The design of manual handling tasks: revised tables of maximum acceptable weights and forces. Ergonomics, 34, 9, 1197-1213, 1991.



    7. WATERS T., PUTZ ANDERSON V., GARG A. FINE L. J.: Revised NIOSH equation for the design and evaluation of manual lifting tasks. Ergonomics, 36, 7, 749-776, 1993.



    RIFERIMENTI AD ALTRE MONOGRAFIE





    L'argomento oggetto della presente monografia è ripreso anche in altre, dove ne sono sviluppati aspetti particolari, e precisamente:



    • anzitutto, nel documento n. 1 sono esposte le linee generali in ordine alla valutazione dei rischi, in cui la valutazione del rischio connessa alla movimentazione manuale dei carichi è un caso particolare e nel documento n. 2 sono analogamente delineate le linee generali in campo di informazione ai lavoratori;

    • nel documento n. 5 sono indicati i principali riferimenti di buona tecnica in ordine al rispetto dei principi ergonomici;

    • nel documento n. 9 sono delineati i principi generali della sorveglianza sanitaria e i compiti del medico competente;

    • nel documento n. 10 sono esaminate le caratteristiche dei luoghi di lavoro, che per alcune parti (passaggi, scale, superamento di dislivelli, circolazione interna, ecc.) sono anche pertinenti al problema della movimentazione manuale dei carichi;

    • nel documento n. 11 si fa riferimento all'uso delle attrezzature di lavoro, in cui possono rientrare anche talune attrezzature usate per la movimentazione manuale dei carichi.



    APPENDICE





    PROTOCOLLI CLINICI PER L’INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DELLA PATOLOGIA DEL RACHIDE





    1. PREMESSA



    Per un corretto inquadramento diagnostico della patologia del rachide di sospetta origine professionale è necessaria l’attivazione di una serie di procedure cliniche, da usare in parallelo e non in modo mutualmente esclusivo perché ognuna fornisce informazioni differenti e complementari; in primo luogo l’inquadramento clinico funzionale del rachide, in secondo luogo, quando è necessario un approfondimento diagnostico: la radiografia dei tratti interessati secondo tecniche tradizionali o avanzate (TAC), esami bioumorali orientati alla ricerca di elementi deponenti per forme infiammatorie o metaboliche, l’esame neurologico per l’approfondimento di eventuali complicanze.





    2. LA VALUTAZIONE CLINICO-FUNZIONALE

    DEL RACHIDE E LA CLASSIFICAZIONE DEI RISULTATI





    2.1 Il modello di visita proposto



    Il modello di visita proposto si compone di 7 momenti fondamentali.



    a) L’anamnesi fisiologica e lavorativa.

    Vengono raccolte dapprima notizie di carattere generale: nome e cognome, impresa, sesso, lavoro attuale, anzianità di lavoro. In particolare si focalizza l’attenzione sull’esistenza o meno, nei lavori precedenti, di uno o più fattori di rischio posturale definiti secondo 4 varianti fondamentali: seduto fisso, guida di automezzi, in piedi fisso, trasferimento manuale di pesi. Sono questi infatti i fattori di rischio posturale più frequentemente ed unanimemente invocati in letteratura come causa o concausa di alterazioni del rachide.

    L’esposizione pregressa ad un fattore di rischio posturale viene giudicata significativa solo qualora si registrino almeno 4 anni di permanenza in una data variante, indipendentemente dal numero di lavori fatti. È di fondamentale importanza eseguire, prima di iniziare l’indagine clinica, una accurata valutazione del rischio legato a posture di lavoro incongrue. Questo consentirà di individuare a priori gruppi di lavoratori omogenei per tipo di compito svolto: è infatti in questi termini che vanno individuate e codificate le diverse “mansioni”.

    Per “anzianità di mansione” si intendono gli anni complessivi che il lavoratore ha dedicato allo svolgimento di quel compito (indipendentemente dall’impresa o dalla sede).

    L’anamnesi fisiologica può, in sostanza, limitarsi alla conoscenza delle eventuali attività sportive a rischio per la colonna vertebrale (pesistica, windsurf, ecc.), e, nel sesso femminile, del decorso di eventuali gravidanze.



    b) Anamnesi patologica remota e rilevazione dei disturbi riferibili al rachide

    Si raccolgono dapprima informazioni sulla patologia pregressa a carico dell’apparato locomotore: sono di particolare interesse i traumatismi e le fratture ossee, l’ernia discale, il numero di episodi di lombalgie acute. Utile la conoscenza della copresenza di alterazioni che possono provocare localizzazioni del dolore al rachide: calcolosi renale, dismenorrea, colecistiti, ecc. Per quanto riguarda la raccolta della sintomatologia si possono avere problemi di attendibilità dell’informazione soprattutto nella visita di assunzione o in quelle che richiedano l’emissione di giudizi di idoneità al lavoro specifico (sono possibili simulazioni in senso negativo e positivo), perciò è necessario, in questi casi, attenersi soprattutto ai risultati delle procedure cliniche in grado di obiettivare accuratamente la presenza di riduzione della capacità funzionale anche in presenza di un’anamnesi di scarsa attendibilità.

    Al di là di queste considerazioni, lo studio anamnestico dei disturbi al rachide inizia con la definizione per sede, per tipo e per andamento temporale (con riferimento ai soli ultimi 12 mesi) di: dolore e/o fastidio continuo o a episodi...

    La raccolta anamnestica è divisa in 3 sezioni, ognuna dedicata rispettivamente al rachide cervicale, dorsale e lombosacrale, che sono accomunate da un’unica struttura logica. Esse vanno compilate unicamente in presenza di disturbi alla corrispondente zona nel corso degli ultimi 12 mesi. Il soggetto è invitato a riportare la sede dei suoi disturbi, a riferirne le caratteristiche secondo domande prestabilite, a fornire indicazioni circa la difficoltà ad eseguire determinati gesti o attività quotidiane a causa degli stessi disturbi ed infine ad indicare l’eventuale ricorso a cicli di terapia per il disturbo in esame.

    La sede e le caratteristiche del disturbo vengono utilizzate dall’esaminatore a fini classificatori. In particolare il disturbo viene considerato “positivo”, cioé espressione potenziale di un’affezione cronica, quando ricorrono le circostanze riportate in Tabella 1.





    Tabella 1 - Criteri per la definizione della “positività anamnestica” dei disturbi dei diversi segmenti del rachide (soglia minima)





    “Fastidio” pressoché tutti i giorni (cioè per più della metà dei giorni dell’anno)



    oppure



    Dolore a episodi



    n. episodi
    n. giorni




    10
    1

    6
    2

    4
    3

    3
    10

    2
    30

    1
    90






    Gli aspetti concernenti la cosiddetta “disabilità” sono stati inseriti al fine di valutare, mediante punteggi, quanto il complesso dei disturbi influisca su comuni gesti ed attività quotidiane. Per ciascun quesito è prevista una risposta ponderata: riesce ma aumenta il dolore (1), non riesce (2): il punteggio per la disabilità di un tratto si ottiene sommando i valori ottenuti.



    c) Rilevazione di alcuni parametri antropometrici.

    Vanno rilevati alcuni parametri antropometrici la cui conoscenza è funzionale agli obiettivi generali dell’esame clinico quali: il peso corporeo, l’altezza, la lunghezza degli arti inferiori (per la presenza di dismetrie), ecc.



    d) Osservazione degli atteggiamenti posturali in stazione eretta.

    Essa viene eseguita osservando, dietro lo scoliosometro (Figura 1) l’eventuale presenza di asimmetrie di parti corporee: spalla più alta, fianco più concavo, fianchi asimmetrici, spina iliaca più alta. Inoltre va osservata la presenza di alterazione delle curve di cifosi e lordosi (aumento o diminuzione) e la presenza di scoliosi (Figura 2). La presenza di un gibbo viene determinata osservando il soggetto a rachide flesso, ginocchia estese, arti superiori tesi in avanti, mani a contatto palmare. Si può misurare l’altezza di un gibbo ponendo sul medesimo una livella tenuta perfettamente orizzontale, apprezzando di quanto è sollevata rispetto all’emitorace opposto. La presenza di un gibbo di altezza di almeno 1 cm comporta la necessità di un’indagine radiologica degli addetti a lavori che comportano frequenti sollevamenti di pesi.



    e) Palpazione della muscolatura paravertebrale, pressione sulle apofisi spinose e sugli spazi intervertebrali.

    Va eseguita sul rachide cervicale e dorso-lombare del soggetto: si apprezza la comparsa del dolore accompagnato dall’eventuale copresenza di contratture muscolari. A livello cervicale viene eseguita contemporaneamente alla palpazione dei muscoli trapezi superiori.

    Durante la manovra di palpazione il soggetto deve decontrarre il più possibile la muscolatura del collo. A questo proposito gli si fa assumere la posizione illustrata in Figura 3: il soggetto è seduto e appoggia il capo sulle mani, gli avambracci appoggiano completamente sul lettino. Più che la presenza di contratture si rileva se il soggetto avverte dolore durante la manovra di palpazione. La palpazione della muscolatura paravertebrale dorsolombare si esegue sul soggetto prono.

    La pressione sulle apofisi spinose e sugli spazi intervertebrali va eseguita sul rachide cervicale e dorsolombare del soggetto nelle medesime posizioni prima descritte per la palpazione della muscolatura. Si apprezza la comparsa del dolore.



    f) Valutazione della motilità analitica dei 3 tratti: rachide cervicale, dorsale e lombosacrale.

    Consiste nel far eseguire al soggetto i principali movimenti del tratto in modo corretto (massimo range di movimento non forzato), evidenziando solo la comparsa di dolore al segmento di rachide mobilizzato.



    g) Movimenti del rachide cervicale: flessioni, inclinazioni, rotazioni, estensione.

    Il principale problema per la valutazione della motilità di questo segmento è l’individuazione della posizione zero o posizione di riferimento di partenza: a ciò si è ovviato facendo compiere i movimenti passivamente da prono (estensione) e da supino (flessione, rotazioni e inclinazioni). Mentre si fanno eseguire, passivamente, i movimenti del capo, è necessario che l’operatore esegua la fissazione, sul lettino da visita, delle spalle del paziente che in alcun modo si dovranno muovere durante l’esecuzione delle manovre (Figure 4, 5, 6).





    Tabella 2











    Tabella 3 - Inquadramento diagnostico delle alterazioni del rachide







    CERVICALE

    - LOMBO- POSITIVITÀ

    SACRALE ANAMNESTICA

    SAP di 1° grado

    SPONDILOARTROPATIA

    muscolatura para- CLINICO-FUNZIONALE

    DORSALE vertebrale e/o apo-

    fisi spinose dolenti

    alla palpazione









    muscolatura para-

    RACHIDE POSITIVITÀ vertebrale e/o apo-

    IN TOTO ANAMNESTICA fisi spinose dolenti SAP di 2° grado

    alla palpazione









    muscolatura para- mobilità dolorosa

    RACHIDE POSITIVITÀ vertebrale e/o apo- e/o Lasegue

    IN TOTO ANAMNESTICA fisi spinose dolenti positivo o Was- SAP di 3° grado

    alla palpazione serman positivo
















    Tabella 4 - Criteri per l’espressione di giudizi relativi alla motilità cervicale, dorsale e lombare in sede diagnostica





    MOVIMENTI MOTILITÀ DOLENTE





    flessione

    estensione

    TRATTO incl. dx 3 su 6

    CERVICALE incl. sx dolenti

    rot. dx

    rot. sx



    rot. dx *

    TRATTO rot. sx * 3 su 4 dolenti

    DORSALE incl. dx o i 2 prevalenti

    incl. sx dolenti



    flessione *

    TRATTO estensione * 3 su 4 dolenti

    LOMBO incl. dx o i 2 prevalenti

    SACRALE incl. sx dolenti





    * Movimenti prevalenti del segmento





    2.2 Classificazione dei risultati



    Per facilitare un’elaborazione standardizzata dei risultati è stato messo a punto un originale schema diagnostico basato su elementi clinico-funzionali (Tabella 3). Tale schema diagnostico deriva dalla combinazione delle diverse variabili anamnestiche, clinico-morfologiche e clinico-funzionali, in 3 distinti quadri non necessariamente fra di loro legati da un unico e lineare andamento processuale. Tali quadri sono rappresentati dalla spondiloartropatia clinico-funzionale di primo, secondo e terzo grado. Nello schema è stato isolato il rachide dorsale in quanto, sotto il profilo delle alterazioni clinico-funzionali, esso si comporta in modo relativamente diverso dagli altri segmenti vertebrali: è, ad esempio, esperienza diffusa la tardiva comparsa di sintomatologia soggettiva (dorsalgia) anche in presenza di alterazioni radiologiche; ciò è la probabile conseguenza della minore motilità di questo segmento e del rapporto favorevole tra le caratteristiche anatomiche del forame intervertebrale e radici nervose.

    Sul piano generale è evidente che ogni quadro proposto deriva da un preciso giudizio clinico-funzionale che ha una sua intrinseca validità: rispetto a questo il quadro radiologico può risultare concordante o discordante; nel primo caso aggiunge un ulteriore elemento per la diagnosi, nel secondo caso non esclude la diagnosi posta su base clinico-funzionale.

    La valutazione dello stato della motilità, per ciascun segmento del rachide, va eseguita sulla base dei criteri riportati in Tabella 4, il giudizio di motilità segmentaria dolente viene prudentemente espresso solo qualora la metà dei movimenti o i movimenti prevalenti che caratterizzano quel segmento risultano essere “dolenti”.



    3. LA COMPILAZIONE DELLE SCHEDE INFORMATIZZATE

    PER LA VALUTAZIONE CLINICO-FUNZIONALE DEL RACHIDE


    La prima pagina della cartella clinica (Allegato 1) riassume le conclusioni diagnostiche, gli eventuali giudizi di idoneità al lavoro, i provvedimenti (richiami, altre visite, ecc.), sia per problemi del rachide, ma anche, più in generale, per problemi dell’apparato locomotore. Essa può essere utilizzata anche per fini gestionali/amministrativi. Per la codifica delle conclusioni diagnostiche sono stati specificatamente predisposti elenchi di quadri clinici di più frequente riscontro professionale, opportunamente numerati (Allegato 3).

    Nella seconda pagina sono previste descrizioni sintetiche:



    · delle indagini cliniche eseguite

    · dei risultati delle indagini radiografiche

    · di diagnosi differenziali per presenza di malattie infiammatorie, metaboliche, ecc.



    La terza e la quarta pagina raccolgono analiticamente l’anamnesi remota e prossima, relativamente al rachide così come è stata descritta nel paragrafo 2.1.

    Si ricorda che la codifica delle voci “cervicale”, “dorsale”, “lombosacrale”, va fatta secondo i criteri descritti alla fine della pagina 4 della cartella clinica (Allegato 1); lo stesso vale per la disabilità.

    In particolare laddove la sorveglianza periodica debba riguardare contemporaneamente un alto numero di addetti omogeneamente esposti (>100) è consigliabile eseguire una prima indagine anamnestica (le schede vanno compilate da personale sanitario opportunamente addestrato!) allo scopo di ottenere, entro un breve periodo, un preliminare quadro sulla prevalenza dei disturbi al rachide e quindi, attraverso il confronto con gruppi di controllo, sulla gravità almeno quantitativa dell’interessamento clinico.

    Questa procedura consentirà, avendo una prima informazione dell’entità del problema, di programmare gli interventi successivi in modo più specifico: ad esempio il livello dell’approfondimento clinico necessario, la qualità e la tempestività degli interventi migliorativi, ecc.

    I soggetti portatori di disturbi che superano (per tratto) la “soglia”, vanno sottoposti alla visita completa per la valutazione clinico-funzionale del rachide.

    I dati raccolti nel corso dell’esame clinico-funzionale completo del rachide possono essere riportati nella scheda presentata come Allegato 2 che diviene in tal caso parte integrante della cartella clinica generale.





    Allegato 1



    CARTELLA CLINICA: VALUTAZIONE CLINICA APP. LOCOMOTORE






    Allegato 2



    CARTELLA CLINICA: VALUTAZIONE FUNZIONALE DEL RACHIDE




    Allegato 3



    RACHIDE (CODICI DIAGNOSTICI)



    CERVICALE



    1 - SAP I con disturbi irradiati all’arto superiore

    2 - SAP I senza irradiazione dei disturbi

    3 - SAP II con disturbi irradiati

    4 - SAP II senza disturbi irradiati

    5 - SAP III con disturbi irradiati

    6 - SAP III senza disturbi irradiati

    7 - Cervicobrachialgia lieve

    8 - Megapofisi trasversa di C7

    9 - Costa cervicale

    10 - Anormalità clavicolari

    11 - S. Klippel Feil (sinostosi vertebrale e/o dorsale)

    12 - Stenosi del canale midollare

    13 - Discopatia regressiva unica

    14 - Discopatia regressiva multipla

    15 - Osteofitosi grave anteriore

    16 - Artrosi posteriore e/o delle faccette articolari

    17 - Uncoartrosi

    18 - Riduzione dei forami di coniugazione

    19 - Instabilità vertebrale

    20 - Esiti di fratture

    21 - Stretto toracico lieve (sospetto)

    22 - Stretto toracico

    23 - Retrolistesi

    24 - Laterolistesi

    25 - Anterolistesi





    RACHIDE (CODICI DIAGNOSTICI)



    DORSALE



    26 - SAP I con disturbi irradiati al torace

    27 - SAP I senza irradiazione dei disturbi

    28 - SAP II con disturbi irradiati

    29 - SAP II senza irradiazione dei disturbi

    30 - SAP III con disturbi irradiati

    31 - SAP III senza irradiazione dei disturbi

    32 - Dorsalgia

    33 - Dorso curvo strutturato

    34 - Cifoscoliosi

    35 - Vertebra a cuneo in esiti di osteocondrosi (M. di Sheuermann)

    36 - Esiti di osteocondrosi giovanile lieve

    37 - Esiti di frattura

    38 - Angioma vertebrale

    39 - Malformazioni vertebrali

    40 - Discopatia regressiva unica

    41 - Discopatia regressiva multipla

    42 - Osteofitosi grave con becchi a ponte

    43 - Osteofitosi diffusa al tratto

    44 - Retrolistesi

    45 - Laterolistesi





    RACHIDE (CODICI DIAGNOSTICI)



    LOMBOSACRALE



    46 - SAP I con distubi irradiati all’arto inferiore

    47 - SAP I senza irradiazione dei disturbi

    48 - SAP II con disturbi irradiati

    49 - SAP II senza disturbi irradiati

    50 - SAP III senza disturbi irradiati

    51 - SAP III con disturbi irradiati con Lasegue negativo

    52 - SAP III con Lasegue e/o Wasserman positivo

    53 - Lombalgie lievi

    54 - Distensibilità muscolo-tendinea ridotta

    55 - Iperlordosi strutturata

    56 - Emisacralizzazione completa

    57 - L5 affossata tra le ali iliache

    58 - Megapofisi trasversa pseudoarticolata

    59 - Sacro acuto

    60 - Spondilolistesi

    61 - Spondilolisi

    62 - Laterolistesi

    63 - Retrolistesi

    64 - M. di Baastrup (spine baciate)

    65 - Discopatia regressiva unica

    66 - Discopatie regressive multiple

    67 - Osteofitosi a ponte

    68 - Osteofitosi diffusa

    69 - Artrosi delle faccette posteriori del giunto lombosacrale

    70 - Riduzione del forame di coniugazione

    71 - Stenosi del canale midollare

    72 - Protrusione discale

    73 - Ernia del disco contenuta

    74 - Ernia del disco protrusa

    75 - Ernia del disco espulsa

    76 - Esiti di riduzione chirurgica di ernia del disco con laminectomia

    77 - Esiti di riduzione chirurgica di ernia del disco

    78 - Addensamenti o radiopatia di natura da determinare

    79 - Tumore al rachide

    80 - Scoliosi lieve

    81 - Scoliosi (doppia curva) dorsolombare Sup. a 25° Cobb con T=2

    Sup. a 30° Cobb con T=1

    82 - Scoliosi (a curva unica) Sup. a 25° Cobb con T=1

    83 - Scoliosi lombare Sup. a 25° Cobb con T=2

    Sup. a 30° Cobb con T=1

    84 - Spondilite anchilosante

    85 - Quadri rachidei da alterazioni reumatiche

    86 - Quadri rachidei da malattie metaboliche

    87 - Lombalgie acute recidivanti


    http://www.ispesl.it/linee_guida/generali/...u_626/doc14.htm

    Edited by coeslazio - 13/2/2006, 00:38
     
    .
0 replies since 13/2/2006, 00:30   577 views
  Share  
.